In occasione di Torino Spiritualità e dell’iniziativa ‘D’istinti animali‘, il Museo Egizio si propone di raccontare il ruolo e le simbologie associate agli animali. Dei con la testa di leone o di sciacallo sono comuni nella simbologia egizia, ma non mancano le sorprese. Sono rappresentati praticamente tutti gli animali presenti a quell’epoca in Egitto: dall’ippopotamo al coccodrillo, fino ai tori e a molteplici specie di uccelli.
Il direttore del Museo, Christian Greco, egittologo di fama internazionale è ospite di Moebius per descrivere le simbologie e i culti degli dei zoomorfi.
Ascolta l’intervista integrale al direttore del Museo egizio
Le divinità egizie sono una manifestazione molto complessa delle prime concezioni del divino. Rappresentare una divinità in modi diversi, con la commistione delle sembianze umane e animali, permetteva di enfatizzare aspetti particolari della personalità o del potere del dio, il quale veniva ritratto parzialmente o interamente in forma animale per richiamare precise caratteristiche benevole o ostili.
Alcune divinità donano protezione ma sanno trasformarsi senza remora in feroci serpenti e leoni per sopraffare ogni volontà umana: una furia che gli egizi hanno imparato a placare mediante oscure pratiche religiose e offerte “speciali”, capaci di ingraziarne il favore.
QUI la gallery di fotografie cortesemente concesse dal Museo.
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1/9 Statua della Sekhmet a testa di leone, ritrovata a Karnak (Tebe). Venduta dal console francese Bernardino Drovetti al Carlo Felice di Savoia e giunta a Torino nel 1824. Fotografie. Credit: Fondazione Museo Egizio -
2/9 Statua della Sekhmet a testa di leone, ritrovata a Karnak (Tebe). Venduta dal console francese Bernardino Drovetti al Carlo Felice di Savoia e giunta a Torino nel 1824. Fotografie. Credit: Fondazione Museo Egizio -
3/9 Statua della Sekhmet a testa di leone, ritrovata a Karnak (Tebe). Venduta dal console francese Bernardino Drovetti al Carlo Felice di Savoia e giunta a Torino nel 1824. Fotografie. Credit: Fondazione Museo Egizio -
4/9 Il papiro che reca il Libro dei Morti di Iuefankh è lungo quasi 19 metri e giunge a Torino con la collezione Drovetti nel 1824. Studiato dal celebre egittologo tedesco Richard Lepsius nel 1842, è servito come modello per lo studio delle formule degli altri testi funerari chiamati dallo stesso studioso “Libri dei Morti”. La scena riportata nell’immagine rappresenta la cosiddetta psicostasia, ossia la pesatura dell’anima del defunto, che ne avrebbe determinato la salvezza e il passaggio nel regno dell’Aldilà oppure la morte definitiva, causata dalla “Grande Divoratrice” che l’avrebbe divorata e annientata. Credit: Fotografie Fondazione Museo Egizio -
5/9 Sala del Museo egizio con le mummie di animali -
6/9 Sala del Museo egizio con le mummie di animali -
7/9 Mummia di torello proveniente dalla collezione di Bernardino Drovetti; attualmente è esposta nella Sala di Epoca Tarda nel Museo Egizio. Credit: Fotografie Fondazione Museo Egizio -
8/9 Mummia di canide proveniente dalla collezione di Bernardino Drovetti; attualmente è esposta nella Sala di Epoca Tarda nel Museo Egizio. Credit: Fotografie Fondazione Museo Egizio -
9/9 Mummia di gatto proveniente dalla collezione di Bernardino Drovetti; attualmente è esposta nella Sala di Epoca Tarda nel Museo Egizio. Credit: Fotografie Fondazione Museo Egizio
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